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La piazza del 5 aprile

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La piazza di sabato 5 aprile, mi ha riportato un attimo indietro nel tempo. Erano trascorsi anni e anni dall’ultima manifestazione da me partecipata, la decisione è sorta spontanea, mossa da un pensiero “non se ne può più” di sentire di missili, di armi, di droni, di bambini ucraini deportati a forza dal loro paese, di terre martoriate, di gente che confuta la storia degli ultimi cento anni o addirittura la nega.

E così, quando una amica mi ha chiesto se volessi accodarmi al loro autobus, anche non appartenendo a quello schieramento, ho accettato l’invito. È stata una pulsione interna, quella del senso dell’etica e del dovere vado per i miei figli e per le nuove generazioni: bisogna rendersi visibili.

La Manifestazione e la piazza

In piazza c’era gente da tutt’Italia, un signore mi ha detto che sarebbe ripartito lo stesso giorno perché l’autobus, per legge, deve sostare 8 ore prima di ripartire. Non era un fanatico, certo, come non lo era nessuno nella piazza di ieri, slogan pochi, solo un fiume di gente abbastanza silenziosa che si è congiunta ai fori imperiali, e lì ha ascoltato gli interventi.

Il corteo ricolmo di bandiere – oltre quelle del movimento 5 stelle – emanava felicità, sicurezza, c’era una bandiera sollevata dalla mano di una donna al centro della quale era disegnato il simbolo del “AUM” (termine sanscrito che indica l’origine dell’universo). Mi ci sono avvicinata, le ho dato la mano, me la ha stretta, poi ritornata vicino al mio gruppo ho chiuso gli occhi e per un attimo ho immaginato quanto fosse semplice d’un tratto sterminare tutta quella moltitudine di persone, BUM uno due droni e il gioco è fatto.

Un brivido mi è sceso giù per la schiena.

Allora, sì, bisogna riarmarsi, così anche noi, piccola Italia, avremo qualche drone in più.

Da sparare su chi? Su di un eventuale invasore che colpisce l’Europa?

Ma dai, nel 2025 siamo ancora qui a giocare con i soldatini?

È anacronistico.

Lo storico Alessandro Barbero nel suo intervento, in differita, ha posto una domanda: se mi chiedete a quale epoca mi fa pensare la contingenza odierna, io vi rispondo al contesto storico precedente la Prima guerra mondiale.

In quel periodo tutti gli stati europei avevano paura del proprio vicino e ci fu un aumento della spesa in armamenti del 50%.

Nacque un genere letterario: la letteratura dell’invasione.

Romanzi in cui si raccontava come un paese avrebbe attaccato l’altro, l’Inghilterra temeva l’attacco della Germania, la Francia dell’Inghilterra, si narrava la debolezza dell’Italia, piegando gli animi impauriti della gente comune si legittimò l’industria delle armi.

Si cominciò a pensare l’alleanza tra paesi come una delle possibili soluzioni, la conclusione fu la costituzione della triplice intesa contro la triplice alleanza fin quando una scintilla fece scoppiare il conflitto.

Un’altra chicca: in Francia il servizio militare passò da due a tre anni, il resto è storia nota.

Per finire, voglio condividere con voi lo striscione tenuto in mano in piazza da due donne, dal titolo:

“Insieme tutte le donne per il disarmo” 

 

Lo striscione

Concludo con le parole riportate a destra dello striscione:

 

Tu mi dici che devo sempre portare avanti la vita nel mio ventre,

io ti dico che sarebbe bello custodire la vita dall’inizio alla fine.

Allora, ascolta:

ti sarà proibito produrre, vendere e usare armi, ti sarà proibito sfruttare ogni essere vivente,

ti sarà proibito sopraffare chi è più debole.

Dovrai considerare tutti i nati come tuoi figli,

dovrai lasciare un sorriso ed un cammino per ognuno di loro,

solo allora io ti direi che sarebbe bello sempre portare avanti la vita nel mio ventre.